La novità più importante in Ferrari quest’anno sarà un modello ibrido. Oltre al turbo V8 conterà anche su un motore elettrico. Non si sa ancora quanti cavalli sarà in grado di scaricare sull’asfalto. Di certo, però, c’è che al progetto di elettrificazione ha collaborato una società di engineering italiana, di nome Privé. È l’acronimo di Produzione Ricerca Ingegnerizzazione Veicoli Elettrici, ed è specializzata in e-mobility, nella progettazione di veicoli elettrici di vari tipi, dalle ruspe alle supercar.
Dal retrofit alla progettazione di mobilità elettrica ex novo
Privé nasce a Perugia nel 2010, in un periodo in cui la mobilità elettrica si stava timidamente affermando – il primo modello di Tesla, la Roadster, è stato avviato in produzione nel 2008 – dalla volontà di quattro ingegneri meccanici e da una laureata in matematica. «Siamo partiti con l’intenzione di realizzare dei kit per il retrofit elettrico, riconvertendo auto tradizionali», racconta l’amministratore delegato, Walter Vinciotti.
Lui e gli altri lavorano a un kit per la Smart Roadster, piccola auto sportiva che avrebbe avuto così una second life all’insegna delle emissioni zero.
«L’idea però è naufragata perché ci siamo resi conto che il percorso per omologare veicoli stradali come elettrici è molto impervio e richiede costi elevati, commercialmente poco o per nulla praticabili se non si lavora su grandi numeri». Le auto d’epoca elettrificate se le possono permettere sceicchi o principi. Un esempio: per elettrificare la Jaguar E-Type Zero a batteria, guidata dal principe Harry per il suo matrimonio, si parla di una cifra di 470mila dollari. Inoltre il retrofit richiede determinati interventi necessari a garantire adeguata affidabilità alla vettura. «Ragion per cui a oggi il Decreto retrofit (DM 219/2015), all’epoca molto promettente, non conta su alcun kit in produzione e vendita sul territorio italiano», spiega Vinciotti. Termina così l’esperienza di retrofit, non l’avventura di Privé, che conclude la parentesi partecipando alla elettrificazione della Delorean DMC12, che tutti ricorderanno nel cult-movie “Ritorno al futuro”.
Dal movimento terra alla Ferrari, l’elettrico si fa spazio
L’esperienza maturata nell’elettrico dalla società umbra trova nuovi modi per esprimersi, su un veicolo completamente diverso dall’auto.
«Scai, storico distributore di macchine movimento terra di Hitachi, ci propose nel 2011 un progetto per la prima macchina movimento terra elettrica, un escavatore da presentare al SaMoTer, fiera di riferimento del comparto – prosegue Vinciotti – Seppure avessimo iniziato solo un anno prima, ci siamo messi a studiare profondamente la materia e il risultato per noi è stato stupefacente: vedere in azione il mezzo è stata una delle più grandi emozioni professionali. Da lì abbiamo compreso che era possibile realizzare veicoli di vari generi».
Il team perugino decide di dedicarsi alla mobilità elettrica, mettendo a disposizione l’esperienza di progettazione, affiancando imprese che volessero sviluppare una propria piattaforma di sviluppo. Il 2012 vede impegnata Privé alla validazione e supervisione della progettazione meccanica e alla messa a punto del powertrain della prima city car italiana omologata con cella al litio, pronta per l’industrializzazione. «Abbiamo lavorato con il produttore emiliano di quadricicli Tazzari, collaborando al passaggio dal modello L7E, ovvero il quadriciclo pesante elettrico, all’auto elettrica M1».
Da Imola a Maranello la distanza non è poi molta: ma passare da una city car a una Ferrari, sembra un salto siderale. Invece non lo è. Negli anni il team arriva a collaborare con il Cavallino rampante, chiamati a seguire i primi esemplari ibridi della Casa: «abbiamo collaborato a un altro progetto per la parte test e debugging del sistema ibrido; per quello tuttora in fase di sviluppo ci siamo occupati dell’analisi FMEA (Failure Mode and Effect Analysis) di impostazione veicolo, verificandone le modalità di guasto o di difetto, analizzandone cause ed effetti sull’intero sistema/impianto».
Mini dumper, motori marini, hypercar: la creatività elettrica non ha limiti
Nella sua breve, ma intensa attività, il personale Privé si è cimentato anche con Thunder Power, startup internazionale di e-car, seguendo la fase di progettazione dell’intero sistema powetrain della vettura, in grado di raggiungere un’autonomia di 650 km, contando su una vettura da 240 km/h.
Dalle auto alle macchine movimento terra, Privé ha collaborato allo sviluppo da zero di un mini dumper: partendo dal design del concept fino ad arrivare alla pre-serie e il relativo trasferimento tecnologico per la Wacker Neuson, importante produttore austriaco del settore.
L’anno scorso, per il gruppo FCA ha lavorato versione elettrica del Fiat Doblò, veicolo commerciale leggero, anche in questo occupandosi della fase di test di tutti i componenti elettrici: un lavoro complesso che ha previsto il contatto con i principali fornitori per esaminare tutte le caratteristiche, studiare un piano prove e validazione per motore e inverter – power unit, batteria, carica batterie, cabin heater – prima di essere montati a bordo veicolo.
Oggi è impegnata con un importante produttore multinazionale di motori fuoribordo marini, confermando la versatilità d’impiego. Non c’è limite alle potenzialità: nell’attività del team c’è stato anche spazio per una hypercar bimotore full electric, uno per ogni assale, dotata di differenziali meccanici e tanta, tanta potenza: si parla di 800-1000 cavalli. Una sfida estrema.
Ampia creatività, ma rigore scientifico
Se la creatività non ha limiti, il metodo di lavoro della società umbra è caratterizzato dall’estremo rigore scientifico. Dalla prima fase di raccolta dati relativi ai requisiti del veicolo e di trasformazione in specifiche tecniche si passa allo sviluppo del progetto, relativa alla progettazione elettrica e meccanica. L’ultima fase, di prova e validazione prevede l’esecuzione di un’intera gamma di test, funzionali, di affidabilità e di durata.
«In ogni lavoro Privé segue un determinato percorso che ha un’impostazione comune in modo da garantire la massima affidabilità – rivela Vinciotti – seguiamo un metodo rigoroso fin dall’inizio che assicura un risultato finale a prova di errore. Ogni veicolo elettrico deve partire dalla mission profile, ovvero dalla destinazione d’uso, che implica un determinato ciclo di funzionamento. Accade nei veicoli tradizionali, a maggior ragione deve essere praticato con un veicolo elettrico perché la batteria deve essere in grado di erogare l’energia necessaria con i ritmi decisi sin dall’inizio. Le batterie non sono tutte uguali e hanno determinanti profili, con caratteristiche chimiche e celle differenti. Non c’è spazio per l’improvvisazione».
Lavorare alla mobilità elettrica, complessità e opportunità
Resta da capire quali siano le complessità di progettare veicoli elettrici. «Mettiamola così: tutto sarebbe molto semplice se il veicolo fosse collegato a un cavo, alimentato quindi in presa diretta alla rete. In quel caso i motori elettrici sono semplici, garantiscono affidabilità e grande durata. Le cose si complicano con l’alimentazione a batteria: il suo inserimento a livello di sicurezza e di capacità di erogare energia è complesso. Una batteria si scarica durante il suo utilizzo; quindi, abbassa la propria tensione durante l’impiego e muta le proprie caratteristiche di erogazione d’energia».
Da una parte le sfide, dall’altra ci sono le opportunità di progettare in elettrico: «l’elettrico offre estrema affidabilità, efficienza e rendimenti altissimi dal punto di vista energetico: a parità di motore, con 1 kWh di energia con l’elettrico se ne sfrutta il 90%; con un sistema a combustione interna, si arriva al massimo al 30% circa. Questo è l’aspetto più affascinante che ci porterà un giorno non molto lontano a concepire batterie molto compatte e performanti», conclude l’ad.
Privé è uno dei finalisti selezionati per l’Assodel Award (Modena, 19 giugno), storico appuntamento giunto alla 17esima edizione, nella cui occasione sono conferiti i premi ai migliori manufacturer e all’industria innovativa.