La Commissione Ue ha comunicato l’opposizione alla richiesta italiana di deroga per estendere il reverse charge (inversione contabile) dell’Iva alla grande distribuzione, che secondo i calcoli del governo avrebbe contribuito per oltre 700 milioni di euro alla lotta antifrode, perché non è in linea con l’articolo 395 della direttiva sull’Iva.

Per la Commissione infatti non c’è evidenza sufficiente che il reverse charge contribuirà a contrastare le frodi, mentre per quanto riguarda la richiesta di introdurre una misura speciale per le entità pubbliche, che dovrebbero pagare l’Iva su un conto separato, anziché al fornitore (split payment), il provvedimento è tuttora in corso di analisi.

Le “puntate” precedenti
Si tratta di una manovra che il governo aveva chiesto di introdurre con l’obiettivo di ridurre l’evasione dell’Iva, nel caso specifico con la cosiddetta “inversione contabile”, l’obbligo di versare l’Iva passa da chi acquista il bene o servizio a chi lo fornisce. E’ nata inizialmente nell’edilizia, ma anche Confindustria aveva pesantemente criticato la manovra, indicando i possibili rischi di uno stop comunitario. A livello delle imprese, invece, la misura era stata definita come un prestito forzoso all’erario, visto che le aziende che vendono i beni non avrebbero più incassato l’Iva (versata allo Stato dagli acquirenti) dai clienti, ma avrebbero dovuto chiedere un rimborso allo Stato, con problemi di accumulo di crediti Iva e mancanza di liquidità in cassa.

La Commissione, si legge nella comunicazione, “ha motivo per dubitare che un’applicazione indistinta e globale della reverse charge a un alto numero di prodotti, in questo caso destinati essenzialmente al consumo finale, potrebbe essere considerata una misura speciale prevista dall’articolo 395 della direttiva sull’Iva”. Inoltre vi sono “seri dubbi che la misura avrebbe l’impatto positivo che si aspettano le autorità italiane, perché adatta alla prevenzione delle “frodi carosello” ma non di tutte le altre che portano all’evasione dell’Iva”.

Torna alla ribalta dunque un argomento che interessa e va a impattare anche la filiera della componentistica elettronica. Sul prossimo numero di A&V Elettronica, ulteriori approfondimenti sulla situazione prospettata dal “no” della Commissione europea.

Laura Baronchelli

ASSODEL (Associazione Distretti Elettronica – Italia)

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