Per la prima volta dal 1988, i flussi di capitale netti verso i mercati emergenti saranno negativi nel 2015, per 541 miliardi di dollari, secondo le stime dell’Institute of International Finance, che riunisce quasi 500 istituzioni finanziarie globali. Aumentano le fughe di capitali dei residenti e scendono bruscamente gli investimenti degli stranieri, che si trovano al livello più basso dal 2008, ma con una importante differenza: allora la causa della flessione era la crisi finanziaria globale, che aveva spinto gli investitori dei Paesi avanzati a rimpatriare capitali per far fronte alle proprie perdite.

Oggi, invece, le ragioni di questa negatività sono interne ai Paesi emergenti: le prospettive della Cina e i dubbi sulla sua politica economica sono i problemi più discussi, ma in generale gli investitori sono incerti sulla situazione complessiva di queste aree. I Paesi più a rischio? Quelli con un ampio deficit delle partite correnti con l’estero, una politica “macroeconomica” discutibile, una forte esposizione delle imprese a debito in valuta e incertezze politiche acute. Primi tra tutti, in questo panorama, Brasile e Turchia.

Laura Baronchelli

ASSODEL (Associazione Distretti Elettronica – Italia)

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