Il crescente impatto dei crimini informatici sulle imprese non riguarda solo le grandi imprese, ma anche quelle di piccole e medie dimensioni, sempre più minacciate nel loro ruolo strategico per l’economia dell’intera nazione. Una minaccia non solo di tipo finanziario, ma anche per i danni alla reputazione e all’immagine del made in Italy.
Ecco quanto emerso dalla ricerca “La Criminalità informatica e i rischi per l’economia e le imprese Italiane ed europee”, condotta dall’Istituto Interregionale per la Ricerca sul Crimine e la Giustizia (UNICRI), con il supporto dalla Cassa di Risparmio di Lucca. Negli ultimi dieci anni, infatti, il cyber crime ha pesato sull’economia globale tra 375 e 575 miliardi di dollari l’anno. Secondo l’Interpol, il costo dei crimini informatici in Europa avrebbe raggiunto i 750 miliardi di euro annui.
Pmi in difficoltà
Secondo la ricerca, i crimini informatici in sensibile aumento negli ultimi anni risultano essere quelli di tipo mirato, come lo spear phishing. È emersa la necessità di promuovere una maggiore conoscenza del fenomeno non solo tra gli informatici. Anche amministratori, titolari e consigli di amministrazione dovrebbero essere a conoscenza delle migliori strategie per contrastare un fenomeno di dimensioni preoccupanti, anche in Italia, come riportato nella ricerca:
- 875 milioni di dollari all’anno di perdite per danni diretti
- danni di immagine, costi di recovery e perdita di business, 8,5 miliardi (0,6% del PIL, dati McAfee)
- 9 miliardi di dollari spesi per la perdita di dati sensibili
- perdite da interruzioni operative dei sistemi 14,1 miliardi di dollari (dati Emc)
Inoltre, un’azienda su quattro ha subito attacchi; soltanto un’azienda su dieci è al passo con la data protection e più della metà delle aziende di piccole dimensioni si considera preparata a proteggersi in caso di attacchi. Emerge dunque una necessità di cambiamenti più “culturali” che tecnologici, dato che misure efficaci possono essere adottate dalle imprese anche a costi contenuti.